L’emergenza sanitaria, il contenimento del virus e la messa a punto di tutto ciò che serve al personale sanitario e alle unità di terapia intensiva, vengono prima di ogni altra cosa.
Ma, al contempo, dobbiamo alzare lo sguardo oltre la grande sfida contro l’epidemia cui tutti siamo chiamati. Le conseguenze economiche della più rilevante interruzione dell’offerta dal secondo dopoguerra non sono e non saranno quelle di una crisi finanziaria come nel post 2008.
Siamo tutti chiamati ad affrontare effetti e conseguenze economiche e sociali che fino all’altro ieri erano inimmaginabili. E l’Italia queste ferite rischia di subirle con maggior intensità.
Serve una grande cooperazione pubblico-privato, analoga a quella che ha fatto reggere l’Italia ai colpi durissimi del secondo conflitto mondiale, del terrorismo, dell’inflazione, del rischio di insolvibilità che ci portò alla crisi del 2011. E che al contempo grazie alla forza del sistema produttivo italiano ci aveva portato alla sia pur modesta ripresa 2015-2017 e al record delle esportazioni italiane. Questa cooperazione sta funzionando sull’emergenza sanitaria. Ma bisogna immediatamente estenderla a tutta l’economia italiana.
Finora, si sono succeduti decreti-legge ispirati alle primarie emergenze. Ma da subito occorre correggere quanto già nel decreto “Cura Italia” appare inadeguato.
Accanto a molte misure apprezzabili, le procedure della nuova cassa integrazione anti-COVID sono troppo farraginose ed escludono l’immediato anticipo bancario. È ingiusta l’asimmetria nel sostegno al reddito tra dipendenti e autonomi. Non ha senso immaginare dilazioni così brevi dei pagamenti di imposte e contributi. Di fatto, il rinvio dei termini di pagamento per la stragrande maggioranza delle imprese è praticamente nullo. Occorre urgentemente intervenire anche a favore delle aziende con più di 2 milioni di fatturato che costituiscono la colonna portante della nostra economia. Inoltre, per le imprese oltre i 250 addetti, non ammesse al fondo garanzia PMI, immaginare che il sostegno alla liquidità sia garantito da 500 milioni tramite la Cassa Depositi e Prestiti è un ordine di grandezza poco più che simbolico.
Tutto si può adeguare e correggere con nuovi interventi immediati ed è questo innanzitutto ciò che chiediamo senza polemiche. Ma bisogna subito, insieme, mettere a fuoco alcune priorità che segnino poi la strada da seguire per mesi e mesi.
Se non concepiamo una strategia di Paese di lungo termine e con una visione internazionale, la logica conseguenza sarà un aumento dei fallimenti, del tasso di disoccupazione con pericolose ricadute sulla coesione sociale.
Le misure vanno adottate con un confronto delle parti e tenendo conto delle conseguenze, basta interventi figli di contrattazioni politiche riservate e appresi solo leggendo testi che arrivano a scelte fatte.
La nuova condizione di responsabilità e consapevolezza che si diffonde nei governi di Germania e Francia, le nuove misure finalmente annunciate ieri sera dalla Banca Centrale Europea, vanno incalzate dall’Italia con proposte non solo innovative, ma responsabili. Innovative nel ricorso a eurobond anti-crisi e nel riorientamento e potenziamento dei Fondi Europei. Ma anche responsabili, perché riusciremo a ottenere di più se l’Italia saprà avanzare proposte straordinarie di utilizzo anche del Fondo Salva-Stati, in un quadro credibile di impegni pluriennali di rilancio della produttività e di contenimento di ogni deficit che non sia momentaneamente dovuto alla crisi.
Oggi serve coraggio per vincere la paura, grande senso di responsabilità e collaborazione. Il futuro che vogliamo parte da noi. Anche per questo le imprese non vogliono e non possono fermarsi.
L’articolo riporta stralci dell’appello rivolto oggi dal presidente di Assolombarda alla società civile e alle istituzioni.
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