Prima del coronavirus l’economia italiana era già a crescita zero. È impossibile stimare oggi quale sarà l’effetto di questa lunga fase, possiamo solo augurarci che nel giro di due-tre mesi l’epidemia possa essere messa sotto controllo. In questa auspicabile ipotesi l’attività produttiva potrà cominciare a riprendersi nella seconda metà dell’anno. Ma anche in questo caso, l’effetto di freno sulla crescita italiana sarà comunque rilevante: dalle prime stime, dalla crescita zero di partenza si potrà avere un tasso medio per il 2020 tra il -7% e il -10%.
Ecco allora che, se una manovra shock per la nostra economia era necessaria prima, lo è ancora di più oggi.
A fronte di questa situazione il governo ha varato e sta varando manovre, che risultano evidentemente inadeguate rispetto alle dimensioni della potenziali crisi che dovremo affrontare. Sul piano della “quantità”, la manovra deve pesare per il 4-5% del Pil, in valore assoluto deve collocarsi attorno tra 80 e 100 miliardi di euro.
Sul piano della “qualità”, la manovra non può basarsi solo su aumento di deficit e di debito, sarebbe del tutto impraticabile oltre che irresponsabile. Bisogna ricorrere a spostamenti di spesa pubblica e di tasse, per mettere mano finalmente ai 50 miliardi di sprechi, malversazioni e ruberie di spesa e agli oltre 100 miliardi di evasione.
Ecco perché almeno metà dei provvedimenti dovrà avere copertura “all’interno” del nostro bilancio pubblico. La restante metà potrà essere fatta in deficit, secondo la nuova e forte flessibilità europea, ma anche secondo le possibilità di collocamento dei titoli sui mercati finanziari internazionali. Solo a queste condizioni peraltro i mercati finanziari potrebbero essere disponibili a sottoscrivere i nostri titoli di Stato senza far impennare drasticamente lo spread.
Una rapida spending review porta ad indicare dove prendere le risorse e a cosa destinarle. Si potrebbero tagliare almeno 20-25 miliardi sugli 80 di Tax Expenditure e 20-25 miliardi di fondi perduti erogati in conto capitale e in conto corrente. Queste risorse potrebbero finanziare una riforma strutturale dell’Irpef con sgravi a famiglie e lavoratori a reddito medio-basso di circa 40 miliardi e un intervento sul cuneo fiscale-contributivo di 30 miliardi (totale azzeramento dell’Irap e riduzione dei contributi a carico delle imprese). I restanti 10 miliardi potrebbero andare ad un aumento degli investimenti pubblici.
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