La Commissione Europea ha indentificato nel gennaio 2019 sei Paesi (Cipro, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda) che, seppure non possano essere definiti formalmente paradisi fiscali, praticano politiche di tassazione aggressive, soprattutto rispetto ai profitti delle società, che vanno a scapito degli altri Paesi.
Le stime pubblicate da diverse organizzazioni internazionali (come quelle recenti del Fondo Monetario Internazionale) mostrano che l’Italia, insieme a Francia e Germania, è tra i più colpiti in Europa da queste pratiche aggressive.
Occorre capire che i problemi derivanti dall’esistenza di livelli di tassazione effettiva molto diversi all’interno dell’Unione Europea non possono essere affrontati solo attraverso normative sull’elusione, ossia sul trasferimento fittizio di profitti verso Paesi a bassa tassazione. Questo per due motivi. Primo, se le differenze nei livelli di tassazione sono marcate, l’incentivo a spostare in modo fittizio i profitti verso un altro Paese resta elevato e rende più conveniente porre in essere comportamenti elusivi, aggirando norme introdotte a tale scopo. Secondo, differenze marcate rendono conveniente spostare anche in modo non fittizio la sede dell’attività verso altri Paesi.
Risolvere questo problema a livello mondiale richiederebbe un coordinamento delle politiche di tassazione che è politicamente irrealistico. Ma almeno a livello europeo è necessario trovare una soluzione.
Armonizzare, almeno in parte, i livelli di tassazione consentirebbe di rendere l’Europa un vero mercato unico.
In quest’ottica, una armonizzazione della tassazione diventa opportuna anche per chi crede nel ruolo della concorrenza come stimolo a efficienza e crescita economica.
La difficoltà sta nell’unanimità che è necessaria per prendere decisioni in quest’area. L’Action Plan of fair and simple taxation supporting the recovery, pubblicato dalla Commissione Europea il 17 luglio scorso, fa riferimento a questo scopo all’art. 116 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, che permette di adottare proposte sulla tassazione attraverso procedure ordinarie. Per attivarlo, come peraltro mai accaduto finora, occorre dimostrare che le norme fiscali in questione falsino le condizioni di concorrenza. Come ho spiegato sopra, credo che ci siano le basi economiche per arrivare a tale conclusione.
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